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Responsabilità circolazione veicoliResponsabilità circolazione veicoli, incidente stradale: il datore di lavoro del pedone investito va risarcito

Il G.d.P. di Palermo con sentenza del 16 dicembre 2014 in applicazione di un consolidatissimo indirizzo giurisprudenziale, condanna l’assicurazione del veicolo investitore a risarcire non solo i danni alla vittima diretta, ma anche quelli lamentati dal suo datore di lavoro.

Chiunque si sia avvicinato alla materia del risarcimento del danno non può non aver sentito parlare del “Caso Meroni”. Per chi non lo sapesse, sintetizziamo la vicenda: nel 1967 il famoso calciatore Luigi Meroni, tesserato per il Torino, veniva investito ed ucciso da un automobilista (che, per ironia della sorte, molti anni dopo sarebbe diventato presidente della stessa squadra).

Il Torino, nella propria veste di datore di lavoro, promuoveva un giudizio risarcitorio nei confronti del responsabile, lamentando il danno derivante dal non poter utilizzare le prestazioni del proprio tesserato.

Ridotta ai termini essenziali, la vicenda ruotava attorno alla risarcibilità o meno, in un’ipotesi di responsabilità aquiliana, della lesione di un diritto di credito. Si trattava di una vexata quaestio, su cui si era già pronunciata negativamente, quasi vent’anni prima, la Corte di Cassazione, in occasione di un altro disastro occorso al Torino Calcio: lo schianto aereo di Superga, che aveva distrutto in un colpo solo la formidabile squadra del “Grande Torino”.

Un quadro giurisprudenziale decisamente ostile al risarcimento del danno patito dal datore di lavoro venne ribaltato dalle Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 174 del 1971, nella quale vennero enunciati due principi fondamentali: il primo, «Chi con il suo fatto doloso o colposo cagiona la morte del debitore altrui è obbligato a risarcire il danno subito dal creditore, qualora quella morte abbia determinato l’estinzione del credito ed una perdita definitiva ed irreparabile per il creditore medesimo”. Il secondo, “È definitiva ed irreparabile la perdita quando si tratti di obbligazioni di dare a titolo di mantenimento o di alimenti, sempre che non esistano obbligati in grado eguale o posteriore, che possano sopportare il relativo onere, ovvero di obbligazioni di fare rispetto alle quali vi è insostituibilità del debitore, nel senso che non sia possibile al creditore procurarsi, se non a condizioni più onerose, prestazioni eguali o equipollenti». La sentenza “Meroni” è giustamente considerata una sentenza storica, perché sancì per la prima volta la risarcibilità del danno subito dal creditore a seguito di un fatto illecito altrui.

Quasi vent’anni dopo le Sezioni Unite tornarono sul punto, perfezionando ulteriormente il principio. La sentenza delle Sezioni Unite n. 6132 del 1988 stabiliva, infatti, che il responsabile di lesioni personali in danno di un lavoratore dipendente, con conseguente invalidità temporanea assoluta, è tenuto a risarcire il suo datore di lavoro per la mancata utilizzazione delle prestazioni lavorative, la quale integra di per sé un ingiusto pregiudizio causalmente ricollegabile al comportamento doloso o colposo di detto responsabile. E questo, si noti, a prescindere dalla sostituibilità o meno del dipendente (ed in questo, naturalmente, la tutela offerta al datore di lavoro era ancora più ampia di quella stabilita per la perdita di un giocatore “insostituibile”). Tale pregiudizio, in difetto di prova diversa, è liquidabile sulla base dell’ammontare delle retribuzioni e dei contributi previdenziali, obbligatoriamente pagati durante il periodo di assenza dell’infortunato, atteso che il relativo esborso esprime il normale valore delle prestazioni perdute, e fatta salva la risarcibilità dell’ulteriore nocumento in caso di comprovata necessità di sostituzione del dipendente.

La sentenza qui in esame del GdP di Palermo, seguendo fedelmente quanto statuito dalle Sezioni Unite, accoglie la domanda di rivalsa del datore di lavoro nei confronti della compagnia assicurativa del responsabile del sinistro, il quale, investendo un suo dipendente, lo aveva privato della sua opera per un certo periodo di tempo, causandogli un danno.

Vediamo nel dettaglio come funziona l’istituto della rivalsa. Quando un lavoratore dipendente è vittima di un sinistro, gli enti previdenziali (Inps e Inail) garantiscono una quota della retribuzione, per poi rivalersi sull’assicurazione del responsabile dell’evento dannoso.

Restano, tuttavia, a carico del datore di lavoro, in base alla normativa speciale ed alla contrattazione collettiva, i costi che maturano per il dipendente per tutto il periodo in cui quest’ultimo resta assente dal luogo di lavoro a causa delle lesioni riportate. Il che, secondo i principi giurisprudenziali appena esaminati, ed in particolare quello sancito dalla sentenza delle S.U. del 1988, determina un danno ingiusto per il datore di lavoro, che non può avvalersi del suo dipendente inabilitato -e questo a prescindere dal fatto che lo possa sostituire, sostenendo, comunque, ulteriori costi-.

Il pregiudizio subito dal datore di lavoro è pari a tutti i costi sostenuti per il periodo di invalidità temporanea del suo dipendente (retribuzione, contributi, ferie, 13a, 14a, T.f.r., gratifiche, indennità di malattia, spese per sostituirlo ecc.): è una prova agevole, perché sono tutti costi documentati.

Il datore di lavoro, si noti, è abilitato ad esercitare l’azione risarcitoria di rivalsa nei confronti della compagnia di assicurazione del responsabile del sinistro, e dunque può inoltrare direttamente ad essa la propria richiesta di indennizzo. Infatti, per consolidata giurisprudenza, l’art. 144 del Codice delle Assicurazioni prevede l’azione diretta contro l’assicuratore non soltanto in favore delle persone direttamente e fisicamente coinvolte nell’incidente, ma anche di tutte quelle che abbiano subito un danno causalmente connesso con l’incidente, e, quindi, anche il datore di lavoro, in relazione al pregiudizio subito per l’invalidità temporanea del dipendente.

Il Giudice di Pace, con ampi richiami giurisprudenziali, applica fedelmente i consolidati principi già esaminati e condanna l’assicuratore ad indennizzare il datore di lavoro, oltre che al pagamento delle spese di causa.

Esito del ricorso:

Accoglimento totale della domanda

Avv. Diana Parisi AL Sondrio

AL Assistenza Legale

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