L’anatocismo bancario tra nuove norme e vecchie questioni

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Anatocismo bancario

Anatocismo bancario

Dopo anni di aspri confronti in dottrina e giurisprudenza, di “riforme” del legislatore e “controriforme” della Corte Costituzionale, si avvertiva l’esigenza che la tematica dell’anatocismo potesse finalmente approdare ad una soluzione condivisa da tutti.

Nel solco delle riforme si colloca l’intervento del legislatore che, nel dicembre 2013, con l’art. 1 comma 629 della l. 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di Stabilità 2014) sostituiva il secondo comma dell’art. 120 del TUB, che, dal 1° gennaio prevede che il “CICR [n.d.r. Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio] stabilisce modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che:

  1. a) nelle operazioni in conto corrente sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori;
  2. b) gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.

Laddove, nel testo previgente, l’art. 120 del TUB Testo Unico Bancario consentiva ancora la produzione di interessi sugli interessi passivi maturati nei contratti bancari.

Benché sembri ormai acquisito il principio che il CICR potrà d’ora in poi intervenire solo per i consequenziali aspetti tecnico-contabili, che verranno ad essere uniformati per tutto il sistema bancario in deroga all’attuale libertà di regole contabili, tale norma, come riformata dal legislatore nel 2013, lasciava ancora spazio a dubbi e interpretazioni e non segnava ancora la parola fine alla lunga vicenda dell’anatocismo bancario nel continuo braccio di ferro tra il legislatore “salva-banche” e la giurisprudenza “salva-consumatori” [1].

Con ordinanza del 29 luglio 2015 il Tribunale di Milano [2] confermava il proprio orientamento sull’immediata applicabilità del divieto di anatocismo sancito dal nuovo art. 120, comma 2, TUB. Tale pronuncia era stata peraltro preceduta dall’ordinanza dello stesso tribunale in data 23 marzo 2015 [3la quale sottolineava che la previsione dell’art. 120 TUB novellato esclude l’anatocismo nei rapporti di conto corrente bancario con effetto dal 1° gennaio 2014 e che si tratta di un principio coerente con la tutela prevista nella disciplina comunitaria del consumatore nei rapporti bancari. “Deve escludersi che l’efficacia del divieto di anatocismo sia subordinato ad un eventuale intervento regolamentare del CICR, al quale potrà essere assegnato il compito di indicare specifiche tecniche contabili, ma non certo di derogare al divieto di anatocismo“.

Nel frattempo interveniva pure la Suprema Corte che il 6 maggio 2015 ha definitivamente sentenziato che l’anatocismo è vietato in linea di principio, indipendentemente dall’arco temporale in cui sia applicata la pratica bancaria scorretta [4].

Intanto però, nell’indifferenza dell’Organo di Vigilanza, l’intermediario bancario perseverava nella capitalizzazione degli interessi, con oltre 2 milioni di Euro di illegittimi ricavi già nell’anno 2014, come fa notare il commentatore Roberto Morcelli sulla rivista IlCaso.it [5].

Nel corso del convegno promosso dall’Associazione Studi Bancari presso l’Hotel Michelangelo di Milano, dal titolo “Usura e anatocismo: teorie, casi, soluzioni” [6] il prof. Aldo Angelo Dolmetta, autore del saggio “12 osservazioni sulla riforma dell’anatocismo bancario a margine della proposta di delibera CICR” [7] non ha mancato di rilevare l’esigenza di maggior chiarezza anche in una lettura coordinata con la disposizione civilistica (art. 1283 cod. civ.).

La Banca d’Italia ha intanto avviato l’iter che condurrà poi all’adozione della Delibera del Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (CICR), volta a dare attuazione all’articolo 120 comma 2 TUB.

In data 25 agosto 2015 ha sottoposto a consultazione pubblica una proposta – il cui testo è stato esaminato e commentato durante il convegno – che intende fornire al CICR le linee guida sulle modalità e criteri per la produzione degli interessi nelle operazioni compiute nell’esercizio dell’attività bancaria.

Il CICR redigeva allora una bozza della delibera che prevedeva un calcolo distinto tra capitale e interessi, e questi ultimi sarebbero divenuti esigibili dopo sessanta giorni da quando il correntista riceveva l’estratto conto o altre comunicazioni. Ma tale bozza riconduceva la produzione di interessi moratori a quanto stabilito dal codice civile (art. 1283) e non anche a quanto disposto dall’art. 120 comma 2 TUB, reintroducendo così un meccanismo simile all’anatocismo bancario.

Avvertita quindi la necessità di operare una nuova modifica al testo, nell’aprile 2016 il legislatore interveniva apportando modifiche all’art. 120 comma 2 TUB, con l’art. 17-bis, D.L. 14 febbraio 2016, n. 18 “Misure urgenti per la riforma delle banche di credito cooperativo e altre disposizioni urgenti per il settore del credito”, inserito in sede di conversione con modifiche nella L. 8 aprile 2016, n. 49, a cui è stata data attuazione con il decreto n. 343 del 3 agosto 2016 del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio entrato in vigore l’1.10.2016.

Questo perché, nel testo ora vigente, l’art. 120 T.U.B.  affidato al CICR il compito di fissare “le modalità e criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria, prevedendo in ogni caso che: a) nei rapporti di conto corrente o di conto di pagamento sia assicurata, nei confronti della clientela, la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori, comunque non inferiore ad un anno; gli interessi sono conteggiati il 31 dicembre di ciascun anno e, in ogni caso, al termine del rapporto per cui sono dovuti; b)  gli interessi debitori maturati, ivi compresi quelli relativi a finanziamenti a valere su carte di credito, non possono produrre interessi ulteriori, salvo quelli di mora, e sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale; per le aperture di credito regolate in conto corrente e in conto di pagamento, per gli sconfinamenti anche in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido: 1) gli interessi debitori sono conteggiati al 31 dicembre e divengono esigibili il 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati; nel caso di chiusura definitiva del rapporto, gli interessi sono immediatamente esigibili; 2) il cliente può autorizzare, anche preventivamente, l’addebito degli interessi sul conto al momento in cui questi divengono esigibili; in questo caso la somma addebitata è considerata sorte capitale; l’autorizzazione è revocabile in ogni momento, purché prima che l’addebito abbia avuto luogo”. 

In relazione al divieto di anatocismo, tale decreto CIR prevede il divieto di capitalizzazione degli interessi, tranne quelli moratori, conformemente ai principi generali fissati dagli articoli 1194 “Imputazione del pagamento agli interessi” cod. civ., 1234 “Inefficacia della novazione” cod. civ. e 1284 “Saggio degli interessi” cod. civ. 

Per i rapporti di conto corrente l’art. 3 comma 3 del D.M. prevede che gli interessi vengano conteggiati al 31 dicembre di ogni anno mentre l’art. 4 stabilisce che gli interessi debitori saranno esigibili il 1° marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati. Quando gli interessi diventeranno esigibili, il correntista potrà pagarli oppure autorizzarne l’addebito sul conto corrente, ma in tal caso gli interessi si sommeranno al capitale. Se invece il correntista decidesse di non pagare gli interessi e nemmeno di autorizzarne l’addebito sul conto, si avrà il presupposto per l’applicazione degli interessi moratori che scatteranno automaticamente, secondo l’interpretazione più accreditata, con l’inadempimento del debitore.

Si ricordi che, in tema di accertamento della nullità di clausole anatocistiche dei contratti di conto corrente, la Corte di cassazione Sez. VI, con rileva l’ordinanza n. 21646 del 5 settembre 2018, ha chiarito che il correntista può chiedere alla banca prima della chiusura del conto corrente di svolgere accertamenti sull’esistenza di clausole anatocistiche. Ne consegue che il correntista può far valere e in giudizio la nullità di tali clausole anche se il rapporto di conto corrente è ancora aperto.

Giova infine ricordare la recente ordinanza n. 3337 del 5 febbraio 2019 della Corte di cassazione con la quale si ribadisce che, in caso di necessità di ricalcolo del saldo di conto corrente a causa di nullità da anatocismo, la banca è tenuta a produrre in giudizio gli estratti conto integrali. Solo in tale modo si potrà infatti arrivare dal saldo zero iniziale a quello finale calcolando anche le reciproche rimesse e compensazioni.

Avv. Giovanni Bonomo – Diritto 24

 

 

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[1] http://business.laleggepertutti.it/1661_anatocismo-bancario-guida-pratica

[2]  http://www.dirittobancario.it/sites/default/files/allegati/tribunale_di_milano_29_luglio_2015.pdf

[3] http://www.ildirittodegliaffari.it/upload/sentenze/20150427112831_sent._3558.pdf

[4] Sent. 6 maggio 2015 sez. I Corte di cassazione, testo visibile
in http://www.delittodiusura.it/website/data/cassazione%20civile/cassazione%20n.9127

[5] http://www.ilcaso.it/articoli/767.pdf

[6] http://pubblico.sferabit.com/fileUpload/201509/201509251644211080Gt7N1pEE.pdf

[7] http://www.ilcaso.it/articoli/827.pdf

 

 

 

L’anatocismo bancario tra nuove norme e vecchie questioni,
articolo di Giovanni Bonomo

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