Intelligenza artificiale e proprietà intellettuale

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proprietà intellettuale
Aula Magna, Palazzo di Giustizia, Milano, 21 settembre 2018

Le nuove frontiere dell’Intelligenza Artificiale preludono a un mondo totalmente diverso da quello attuale, ma già ora si aprono scenari nuovi che a stento il legislatore riesce a prevedere.  Ci sono software talmente sofisticati nel simulare l’intelletto umano che producono opere dell’ingegno apparentemente indistinguibili da quelle create dall’uomo. Ciò provoca paradossi e questioni che, nell’attuale vuoto normativo, solo una compiuta normativa potrà risolvere. 

A distanza di un anno dalle raccomandazioni (A8-0005/2017) che il Parlamento europeo, in data 16 febbraio 2017, ha inoltrato alla Commissione circa le possibili norme sulla robotica, si è tenuto a Milano, il 21 settembre 2018., il convegno AIDA su “Intelligenza artificiale e proprietà intellettuale”, presso l’Aula Magna del Palazzo di Giustizia.

Potete vedere il programma con il titolo degli interventi e il nome dei relatori –  non potendo dilungarmi su tutti gli aspetti  che sono stati affrontati, ciascuno dei quali richiederebbe, e meriterebbe, un apposito articolo – a questo indirizzo: https://www.dirittodautore.it/convegni/intelligenza-artificiale-e-proprieta-intellettuale-convegno-aida-milano-21-settembre-2018.

De jure condendo la questione andava ormai affrontata: come più volte ho detto a proposito dell’I.A. Intelligenza Artificiale, dell’Internet of Things, del cloud computing, lo sviluppo delle nuove tecnologie ha cambiato il modo di vivere dei cittadini e il modo di operare delle imprese; siamo solo agli inizi della “quarta rivoluzione industriale”, dovuta alla trasformazione digitale di molti servizi e al conseguente mutamento del comportamento delle imprese e della P.A.

Ciò che mi preme sottolineare di questo convegno AIDA, come sempre splendidamente organizzato dal prof. Luigi Carlo Ubertazzi, è la questione, fondamentale già nel titolo, della proprietà intellettuale  delle opere create dall’I.A.

Si sono affrontate le questioni, in particolare, del terzo punto programmatico sottoposto alla Commissione dal Parlamento europeo, vale a dire l’applicabilità delle norme di diritto d’autore a tali opere. La questione non è solo teorica, essendoci già stato già il caso di un album di pop music creato interamente da un robot e di opere pittoriche create da sistemi di I.A.

Ovviamente, per quanto sofisticati possano essere questi software che simulino l’intelletto umano, una mente artificiale non ha – almeno allo stato attuale – una coscienza e quindi una soggettività giuridica. Altrimenti sarebbe facile risolvere ogni questione attribuendo la titolarità di un’opera dell’ingegno al nuovo soggetto giuridico androide, il quale diverrebbe titolare dei relativi diritti di utilizzazione economica e quindi anche responsabile di possibili plagi o contraffazione di opere altrui.

Ma dobbiamo però ammettere che l’evoluzione tecnologica è arrivata a un punto tale che l’I.A. sembrerebbe ormai prendere decisioni autonome e indipendenti dagli umani creatori, almeno senza apparenti finalità o strategie.

Il Parlamento ha perciò invitato la Commissione ad elaborare criteri e regole per la definizione di “creazione intellettuale propria” di un robot, suggerendo la creazione di un nuovo genere di soggettività giuridica elettronica per risolvere il problema della titolarità delle opere create dal robot stesso.

In effetti sembra non bastare, per risolvere la questione, un’interpretazione estensiva del “lavoro intellettuale” posto dall’art. 6 l.d.a. alla base di un’opera dell’ingegno, senza snaturare la ratio sottesa a tale norma e, direi anche all’intera normativa sul diritto d’autore, finalizzata a tutelare gli sforzi, tipicamente umani, sia morali che economici, per addivenire a un’opera dell’ingegno tutelabile. La soluzione proposta del nuovo soggetto giuridico elettronico non risolverebbe però il problema dell’attribuzione dei proventi patrimoniali derivanti dallo sfruttamento dell’opera.

Se ne è parlato diffusamente nel convegno e la soluzione più ragionevole e condivisibile sarebbe quella di una responsabilità di colui che sfrutta commercialmente la creazione, il quale dovrà quindi verificare prima se le azioni del suo robot non ledano diritti di terzi; a tale responsabilità si aggiungerebbe quella, in minima parte e da valutare nei casi concreti, di colui che ha predisposto le funzioni del robot o dello stesso inventore della macchina.

Vedremo dunque se e come, dopo tali raccomandazioni del Parlamento europeo, tale vuoto normativo verrà colmato. Sta di fatto che le nuove tecnologie di cognitive computing e di Intelligenza Artificiale alla base della c.d. Industria 4.0, stanno rivoluzionando il mondo.

L’interazione tra I.A. e i Big Data analytics, in particolare, comporterà un profondo cambiamento in ogni attività d’impresa. Ma anche sul fronte dei cittadini utenti basti pensare alle nuove piattaforme in Rete che raccolgono in uno tutti gli strumenti per il marketing digitale.

Nel campo del lavoro intellettuale ci si chiede fin dove porteranno gli sviluppi del Natural Language Generation, che consentirà (si veda il sito della Narrative Science’s technology https://narrativescience.com) di “umanizzare” le traduzioni dei testi e le stesse stesure di testo, fino ad arrivare a romanzi e poesie (queste già sperimentate) composti da Intelligenze Artificiali, partendo dai dati, tra cui anche lo stile di scrittura di un autore, immessi nel robot.

Sarà mia cura tenervi aggiornati, in questa rubrica, sui futuri sviluppi.

Avv. Giovanni Bonomo – Ultime-Notizie.net

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