Come fare per far valere un’incapacità di intendere e di volere nella redazione di un testamento o nella stipulazione di un contratto

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Annullabilità contrattoIl nostro ordinamento prevede i rimedi per chi sia stato incapace di intendere e di volere nel momento in cui abbia compiuto atti dispositivi del proprio patrimonio: un contratto o un atto unilaterale, come la donazione o il testamento, disposto da un incapace può essere infatti invalidato con un’azione di annullamento. Tuttavia, prima di tale annullamento, gli effetti dell’atto si producono nell’ordinamento e i terzi che avessero interagito con l’incapace possono invocare i princìpi dell’affidamento e della certezza nei rapporti giuridici.

La legge precede che gli atti compiuti da persona che si provi essere stata per qualsiasi causa, anche transitoria, incapace di intendere o di volere al momento in cui gli atti sono stati compiuti, possono essere annullati su istanza della persona stessa o dei suoi eredi o aventi causa, se ne risulta un grave pregiudizio all’autore [1].

L’ampia previsione normativa consente di ricomprendervi ogni impossibilità, anche transitoria, di rendersi conto del contenuto e degli effetti dell’atto giuridico che si compie; così, in sede di richiesto annullamento dell’atto pregiudizievole, il giudice dovrà valutare se vi erano in effetti le circostanze idonee a determinare l’annullamento. Tra queste circostanze sono state considerate come idonee le infermità mentali patologiche anche (appunto, come dice la norma) transitorie, come l’impeto da intenso dolore, l’ubriachezza, pure la suggestione ipnotica.

Sono cause di incapacità naturale non transitorie ma permanenti (anche di solito destinate a tradursi in incapacità legale con l’interdizione o l’inabilitazione giudizialmente dichiarate) l’infermità mentale da malattia grave o da anzianità e tutte quelle ipotesi che emergono per i mutamenti della società e delle conoscenze mediche in materia di psiche [2].

La capacità di intendere è intesa, sia in dottrina che in giurisprudenza, come idoneità del soggetto ad essere consapevole del valore delle proprie azioni; la capacità di volere è, invece, l’attitudine della persona a determinarsi in modo autonomo, cioè di “autodeterminarsi” in relazione ad un determinato atto giuridico.

Ovviamente, se manca la capacità di intendere mancherà anche quella di volere (ubi maior minor cessat, motto latino che tutti conosciamo), mentre invece è possibile che ci sia la capacità di intendere ma non quella di volere. Quindi non occorre la totale privazione delle facoltà intellettive e volitive: è sufficiente la menomazione anche solo di una delle due (intendere e volere) ma tale da impedire la formazione di una volontà cosciente.

Il grave pregiudizio, quanto si tratti di un atto patrimoniale, deve consistere in una grave sproporzione oppure in una eccessiva onerosità. E’ importante ricordare che, per l’annullamento di tutti gli atti – ad eccezione della donazione e del testamento – il grave pregiudizio per l’incapace deve essere sempre provato, mentre quando si tratti di contratti occorre in più la prova della mala fede (cioè la consapevolezza dell’altrui menomazione psichica) dell’altro contraente [3].

Con riferimento all’onere della prova, esso incombe sulla parte che chiede l’annullamento dell’atto: dovrà nello specifico provarsi l’effettivo stato di incapacità invalidante al momento della conclusione dell’atto unilaterale o del contratto, vale a dire che il soggetto non sia stato in grado di comprenderne il significato e di determinarsi di conseguenza.

L’apprezzamento di tale prova è una valutazione riservata al giudice di merito, il quale ha il potere-dovere di considerare e valutare liberamente, per maturare il proprio convincimento da porre a  base della sentenza, l’esattezza delle operazioni effettuate dall’incapace e i relativi risultati; si sente dire spesso, nel linguaggio legale, che tale valutazione sfugge al sindacato di legittimità qualora sia sorretto da argomentazioni congrue ed esenti da vizi logici e da errori di diritto.

Tenete comunque conto del fatto che l’atto compiuto dall’incapace, fino a quando non venga annullato, resiste nel mondo dei rapporti giuridici, soprattutto laddove siano interconnessi, con tale atto, altri interessi meritevoli di tutela riferibili ai terzi che hanno interagito con l’incapace. Tali soggetti terzi possono invocare il principio della loro buona fede e quello della conservazione degli effetti degli atti giuridici [4].

Ciò non esclude che, qualora sia totalmente mancata una manifestazione di volontà – come nel caso, ad esempio, di totale ubriachezza o “estasi” da sostanze psicotrope da non rendersi nemmeno conto di quanto succede intorno – si potrà agire per ottenere una dichiarazione di nullità per inesistenza assoluta di un elemento essenziale del contratto: l’accordo delle parti [5]; lo stesso vale per l’atto unilaterale, considerato che la legge [6] dichiara applicabile agli atti unilaterali le norme che disciplinano i contratti in quanto compatibili e salvo diverse previsioni normative

Avv. Giovanni Bonomo

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[1] Art. 428 cod. civ. “Atti compiuti da persona incapace di intendere o di volere”.

[2] Le cause di incapacità legale di agire sono tassativamente determinate dalla legge: minore età, interdizione e inabilitazione.

[3] Nelle ipotesi della donazione (art. 591 cod. civ.)  e del testamento (art. 775 cod. civ.) disposti dall’incapace naturale, prevale l’aspetto della gratuità della fattispecie, pertanto viene prevista dal legislatore la possibilità di ottenere l’annullamento dell’atto di liberalità o del testamento per il solo fatto di essere stati fatti da persona incapace di intendere e di volere al momento del compimento dell’atto.

[4] L’art. 1367 c.c. “Conservazione del contratto” dispone che “nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno“; tale principio generale di conservazione degli effetti giuridici dei contratti si applica anche ai contratti invalidi (vedi 1419 “Nullità parziale” cod. civ., art. 1420 “Nullità del contratto plurilaterale”, art. 1446 “Annullabilità nel contratto plurilaterale” cod. civ.). Quindi lo stato soggettivo d’incapacità naturale della parte potrebbe non produrre alcun risultato apprezzabile in relazione alla sopravvivenza dell’atto compiuto e degli effetti da esso prodotti.

[5] Secondo quanto dispone l’art. 1325 c.c., comma 1, n.1 sui requisiti del contratto.

[6] Art. 1324 “Norme applicabili agli atti unilaterali” cod. civ.

Come fare per far valere un’incapacità di intendere e di volere nella redazione di un testamento o nella stipulazione di un contratto,
articolo di Giovanni Bonomo

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