Utilizzo di materiale televisivo in streaming

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Utilizzo di materiale televisivo in streamingL’utilizzo di materiale televisivo in streaming consiste in una ritrasmissione e costituisce una «comunicazione al pubblico» delle opere: come tale deve essere autorizzata dal loro autore.

Secondo la Corte di Giustizia UE quando un’opera è oggetto di molteplici utilizzi, ogni sua trasmissione o ritrasmissione con l’utilizzo di uno specifico mezzo tecnico deve essere in linea di principio autorizzata individualmente dal suo autore. Di conseguenza, dato che la messa a disposizione delle opere tramite la ritrasmissione su Internet di una radiodiffusione televisiva terrestre viene effettuata con un mezzo tecnico diverso da quello della comunicazione originale, questa ritrasmissione deve essere soggetta all’autorizzazione degli autori delle opere ritrasmesse.

La sentenza della Corte [1] è stata emessa a proposito del caso della società TVCatchup Ltd (TVC), citata in giudizio da diverse televisioni commerciali britanniche per violazione dei diritti d’autore tramite la diffusione, che essa offriva pressoché in diretta sul Web, dei loro programmi.
Tale società garantiva ai suoi abbonati l’accesso a contenuti che sono già legittimati a guardare nel Regno Unito grazie alla loro licenza televisiva. Le due sole condizioni che gli utenti devono accettare sono il possesso di una valida licenza televisiva e la limitazione dell’utilizzo dei servizi della TVC al solo Regno Unito. Il sito Internet della TVC dispone di un sistema per verificare il luogo in cui si trova l’utente e di negare così l’accesso qualora non siano soddisfatte le condizioni imposte agli utenti.

Interessante è seguire l’argomentazione della Corte per arrivare a tale decisione, esaminando la descrizione del fatto, le premesse di diritto e infine la motivazione della sentenza.

Anzitutto, osserva la Corte, il diritto dell’Unione Europea è volto a instaurare un elevato livello elevato di protezione a favore degli autori di opere. Ciò consente loro di ottenere un adeguato compenso per l’utilizzazione di queste ultime, in particolare in occasione di una comunicazione al pubblico. A tal fine gli autori hanno un diritto esclusivo di autorizzare o di vietare qualsiasi comunicazione al pubblico delle loro opere.

La TVCatchup Ltd («TVC») offre su Internet servizi di diffusione di programmi televisivi che consentono agli utenti di ricevere «in diretta» via Internet flussi di programmi televisivi gratuiti. Varie televisioni commerciali britanniche –  continua la Corte – si sono opposte alla TVC in merito alla diffusione che essa realizza via Internet, e pressoché in tempo reale, dei loro programmi. Hanno pertanto citato in giudizio la TVC dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales) (Chancery Division) per  violazione dei propri diritti d’autore sui loro programmi e film, consistente, segnatamente, in una comunicazione al pubblico, vietata sia dalla normativa nazionale sia dalla direttiva 2001/29 [2]. 

Il giudice nazionale ha chiesto alla  Corte se un organismo, quale la TVC, realizzi o no una comunicazione al pubblico ai sensi della citata direttiva quando diffonde su Internet programmi  radiodiffusi a un pubblico che già avrebbe il diritto e la possibilità di accedere al segnale di radiodiffusione originale utilizzando a casa propria i propri apparecchi televisivi o i propri computer  portatili.

Innanzitutto la Corte deve determinare il contenuto della nozione di «comunicazione» e verificare se, nella fattispecie, l’attività della TVC rientri nel suo ambito. In base alla direttiva 2001/29, il diritto di comunicazione al pubblico comprende qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico non presente nel luogo di origine della comunicazione, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione.

Inoltre, l’autorizzazione dell’inclusione delle opere protette in una comunicazione al pubblico non esaurisce il diritto di autorizzare o di vietare altre comunicazioni di tali opere al pubblico. Pertanto, secondo la Corte, quando una determinata opera è oggetto di molteplici utilizzi, ogni trasmissione o ritrasmissione di tale opera mediante l’utilizzo di uno specifico mezzo tecnico deve essere in linea di principio autorizzata individualmente dal suo autore.

Di conseguenza, dato che la messa a disposizione delle opere tramite la ritrasmissione su Internet di una radiodiffusione televisiva terrestre è effettuata mediante uno specifico mezzo tecnico, diverso da quello della comunicazione originale, essa va considerata una «comunicazione» ai sensi della direttiva. Pertanto, una siffatta ritrasmissione è soggetta all’autorizzazione degli autori delle opere ritrasmesse quando queste ultime sono comunicate al pubblico.

Successivamente, la Corte verifica se le opere protette siano state effettivamente comunicate ad un «pubblico». In base alla giurisprudenza della Corte, la nozione di “pubblico” riguarda un numero indeterminato di destinatari potenziali e comprende un numero di persone piuttosto considerevole. La Corte precisa che occorre tener conto dell’effetto cumulativo che deriva dal fatto di mettere a disposizione opere presso destinatari potenziali. Al riguardo è rilevante sapere quante persone hanno accesso contestualmente e successivamente alla medesima opera.

Nel caso di specie, la ritrasmissione delle opere via Internet riguardava l’insieme delle persone residenti nel Regno Unito che hanno una connessione Internet e che affermano di possedere in tale Stato una licenza televisiva. Costoro possono accedere contestualmente alle opere protette nell’ambito del «live streaming» dei programmi televisivi su Internet. Pertanto, detta ritrasmissione concerne un numero indeterminato di destinatari potenziali e un numero di persone piuttosto considerevole. La Corte constata quindi che, con la ritrasmissione in esame, le opere protette sono effettivamente comunicate ad un pubblico ai sensi della direttiva.

Di conseguenza, la Corte risponde che la nozione di «comunicazione al pubblico» ai sensi della direttiva 2001/29 [2] deve essere interpretata nel senso che essa riguarda una ritrasmissione delle opere incluse in una radiodiffusione televisiva terrestre. Questa è effettuata da un organismo diverso dall’emittente originale, mediante un flusso Internet messo a disposizione dei suoi abbonati che possono ricevere detta ritrasmissione connettendosi al server di quest’ultimo, sebbene tali abbonati si trovino nell’area di ricezione di detta radiodiffusione televisiva terrestre e possano riceverla legalmente su un apparecchio televisivo.

Tale sentenza ha fatto gridare allo scandalo alcune testate giornalistiche nostrane, perché la sua applicazione alla lettera costituirebbe un attentato alla “teledemocrazia”. Ciò comporterebbe un  grave danno al pluralismo e all’informazione nel mondo della Rete, contribuendo alla permanenza in vita un modello di business tipico del mondo analogico, ormai antiquato, piuttosto che sul modello dinamico di circolazione delle informazioni tipico del Web.

L’emittente televisiva sarebbe infatti l’unico soggetto a poter consentire la trasmissione delle informazioni su Internet, selezionando quali programmi autorizzare e quali no, negando l’accesso ai cittadini non in regola e la visione sul Web di programmi ritenuti scomodi.

avv. Giovanni Bonomo

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[1] Sentenza 7 marzo 2013 Corte di Giustizia UE – causa C-607/11. Per leggere il testo integrale della sentenza, pubblicato sul sito CURIA: http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text=&docid=134604&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&part=1&cid=673077

[2] Direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione

Utilizzo di materiale televisivo in streaming: articolo di Giovanni Bonomo

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