Tutela del marchio e del patronimico dello stilista o creatore di alta moda

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Lo stilista titolare di marchi denominativi che comprendono il proprio patronimico divenuto poi notorio, deve attenersi ai princìpi di correttezza professionale e concorrenziale con riferimento a quei marchi, contenti il patronimico, che erano stati ceduti a terzi, potendo utilizzare il proprio nome solo in funzione descrittiva e non per farne commercio. Di contro, il titolare dei diritti di utilizzazione esclusiva, già cessionario dei marchi contenenti il patronimico, non potrà utilizzare indiscriminatamente tale patronimico per nuovi marchi in mancanza di autorizzazione del titolare.

Abbiamo detto nel precedente articolo sul diritto d’autore del creatori di abiti di alta moda che avremmo dedicato alla tutela del patronimico e del marchio un’autonoma trattazione.

In proposito analizziamo il noto caso dello stilista Elio Fiorucci, che ci ha lasciato due anni fa. Il suo nome assurse a patronimico e marchio notorio in tutto il mondo per il settore dalla fashion industry.

Egli fondò la Fiorucci SpA e, negli anni 90 del secolo scorso, cedette i marchi denominativi e figurativi contenenti il patronimico Fiorucci ad una società giapponese, la quale registrò poi il marchio “Elio Fiorucci” per una serie di articoli di abbigliamento. Il nostro Fiorucci però contestò successivamente l’uso del proprio nome da parte di tale società giapponese per tali articoli: la base giuridica della contestazione era che i nomi noti di persona, come il suo, possono essere registrati come marchio per prodotti commerciali solamente dal titolare oppure in ogni caso con il suo consenso (che nel caso non era stato a lui richiesto).

La Corte di Giustizia UE dava ragione[1] al noto stilista riconoscendo che il titolare di un patronimico ha diritto di opporsi all’uso non autorizzato del suo nome come marchio: il nome “Elio Fiorucci”, nel frattempo diventato notorio, non poteva cioè essere più usato dalla società giapponese che nel 1990 aveva acquisito tutti i marchi della società italiana di Fiorucci, molti dei quali contenevano il nome “Fiorucci”.

La rivincita del sol levante non tardò ad arrivare.

In seguito Elio Fiorucci registrava il marchio “Love Therapy by Elio Fiorucci” e altri marchi contenenti il proprio patronimico.

Questa volta era la società giapponese Edwin Int. Ltd. a rivolgersi al Tribunale di Milano, lamentando la violazione dei propri diritti esclusivi e la concorrenza sleale confusoria. Ma il tribunale sentenziava che il patronimico Fiorucci fosse stato utilizzato lecitamente, avendo una funzione descrittiva e non di marchio, anche per la posizione subordinata rispetto alle parole “Love Therapy”. La Corte di appello confermava tale decisione.

Di parere contrario, con una sentenza storica dello scorso anno che ha contraddetto detta impostazione delle due corti di merito, è stata però la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi con ricorso dalla società giapponese già attrice ma perdente nei due gradi di giudizio[2].

Richiamandosi ai propri precedenti la Corte di cassazione ha precisato che “l’uso commerciale del nome patronimico deve essere conforme ai princìpi della correttezza professionale e non può quindi avvenire in funzione di marchio, cioè distintiva, ma solo descrittiva (…); ne consegue che sussiste la contraffazione quando il marchio accusato contenga il patronimico protetto, pur se accompagnato da altri elementi” e che, sempre con riferimento al titolare del patronimico, “il diritto di svolgere una propria attività economica ed intellettuale o creativa ma senza trasformare la stessa in un’attività parallela a quella per la quale il marchio anteriore sia non solo stato registrato ma abbia anche svolto una rilevante sua funzione distintiva“.

Ribaltando quindi le due decisioni di merito la Suprema Corte stabilisce il principio che il patronimico ceduto come marchio a terzi dal titolare, può essere da questo utilizzato solo come riferimento descrittivo alle proprie attività.

Si violerebbe altrimenti, facendone un uso commerciale – anche associato ad altre parole per creare un nuovo marchio composto – la correttezza professionale, facendo concorrenza sleale al titolare dei diritti esclusivi già cessionario degli stessi.

In sostanza il marchio “Love Therapy by Fiorucci”, essendo stato usato dallo stilista per attività di commercio, avendo infatti una funzione che non poteva essere considerata solo descrittiva (la notorietà del patronimico Fiorucci assorbiva le altre parole), non era giustificabile sotto il profilo della correttezza concorrenziale.

E’ altrettanto vero che, con riferimento alle attività commerciali della società giapponese già cessionaria dei diritti e trovatasi poi con un marchio notorio, qualsiasi uso indiscriminato, come ad esempio registrare nuovi marchi composti con il patronimico, costituirebbe del pari un abuso.

Un a decisione quindi che sottolinea implicitamente l’importanza di una regolamentazione contrattuale dell’uso del patronimico che abbia acquisito con il tempo il valore di marchio notorio e valenza di “brand”. Si ovvierebbe almeno in parte alla mancata armonizzazione, sul punto, della proprietà industriale in Europa.

avv. Giovanni Bonomo

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[1] Con sentenza del 5 luglio 2011, in http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?docid=106861&doclang=IT

[2] Corte di cassazione Sez. I civ. sent. n. 10826 del 25. 5.2016 .

Tutela del marchio e del patronimico dello stilista o creatore di alta moda, di Giovanni Bonomo

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