La direttiva sul diritto d’autore rinviata a settembre

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direttiva copyright

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Rinviata al prossimo settembre, con l’obiettivo dichiarato di proteggere l’interesse di tutti i cittadini, la discussione sulla direttiva copyright. Nel frattempo il processo di Used Generated Content, vale a dire di contenuti generati dagli utenti in Internet, può anche agevolare la violazione dei diritti d’autore ma d’altra parte offre certamente numerose possibilità di realizzare modelli di business stimolando la partecipazione sociale e la condivisione del sapere. 

E’ notizia di questi primi giorni di luglio il rinvio a settembre della direttiva di riforma sul copyright intesa ad adeguare il diritto d’autore all’ecosistema digitale. Ne avevo parlato in questo precedente articolo. Lo scopo della Commissione del Parlamento europeo, con la proposta di due anni fa di creare un “mercato unico digitale europeo”, è senz’altro ambizioso e coerente con gli obiettivi di armonizzazione e unificazione, ma si tratta di valutare se sia anche condivisibile da chi continua a vedere in Internet un terreno sempre fertile di libertà di espressione e di condivisione piuttosto che di un “mercato”.

Il dubbio trova conferma nelle numerose polemiche che una tale “direttiva bavaglio”, come è stata da alcuni chiamata, ha suscitato. E se vengono in gioco le sostanziali libertà poste a presidio delle costituzioni moderne e delle democrazie liberali conquistate a fatica nel vecchio continente la questione si fa seria e delicata. Non è un caso che l’Europarlamento, nella seduta del 5 luglio scorso che doveva essere decisiva, si sia spaccato in due nelle votazioni: favorevoli 278 eurodeputati a fronte dei prevalenti contrari 318 e dei 31 astenuti. è stato il presidente del Parlamento Antonio Tajani ad annunziare, poco prima dell’inizio di lavori, il rinvio a settembre, perché la legge europea sul copyright verrà decisa, liberamente e senza interferenze, “con l’obiettivo di proteggere l’interesse di tutti i cittadini.”

Abbiamo visto anche il comunicato 3 luglio 2018 di Wikipedia che annunciava l’oscuramento del proprio sito per protesta contro alcune previsioni di tale riforma che renderebbero impossibile, se la proposta di direttiva venisse approvata, condividere liberamente articoli nei social network o reperirli nei motori di ricerca, mettendo a rischio la sopravvivenza della stessa nota enciclopedia libera.

Venendo al merito della proposta di direttiva, a ingenerare malumore sono in particolare due articoli in particolare di tale disegno di legge: l’art. 11 e l’art. 13. Veniamo al loro esame qui di seguito.

L’art. 11Protezione delle pubblicazioni di carattere giornalistico in caso di utilizzo digitale” prevede in sostanza un Press Publisher Right che diviene, in sostanza, una tassa sui link e sugli snippet: gli editori dovrebbero farsi pagare i diritti sulla pubblicazione anche di un link a un loro articolo laddove tale rimando ipertestuale incorpori, come normalmente avviene, un estratto o un riassunto del contenuto. Sappiamo che tali snippet si creano automaticamente come un anteprima di uno scritto, riproducendone il titolo, una parte del sommario e quasi sempre un immagine. Ciò è diventato ormai una consuetudine per chi scrive e opera in Internet.

Ora, prevedere una tassa su questi snippet sarebbe come tassare le notizie e la libera informazione. Senza contare che, rendendo difficile a un publisher di far circolare i contenuti in difetto di un accordo di volta in volta con l’aggregatore di notizie, si rende la vita difficile allo stesso editore, il quale, apparentemente beneficiato di un diritto al quale non potrebbe rinunciare, si vedrebbe ridimensionato nell’ospitare poche notizie e sempre meno vere e sempre più fake: dipenderà infatti dalla forza contrattuale di chi pubblica e dai compensi. C’è già chi ha previsto che saranno i molti milionari, disposti a pagare, a influenzare l’opinione pubblica.

L’interesse pubblico alla conoscenza, oltre alle necessità redazionali, può anche agevolare la violazione dei diritti d’autore ma d’altra parte offre numerose possibilità di realizzare modelli di business stimolando la partecipazione sociale e la condivisione del sapere. E un diritto sui contenuti parziali e di richiamo visibili nei link comporta il rischio di inibire l’utile funzione degli aggregatori di notizie con grave pregiudizio dell’informazione e della cultura.

L’art. 13Utilizzo di contenuti protetti da parte di prestatori di servizi della società dell’informazione che memorizzano e danno accesso a grandi quantità di opere e altro materiale caricato dagli utenti” prevede la necessità di accordi tra prestatori di servizi in Internet e i titolari di diritti per l’uso di materiale protetto. Ma pretendere di regolamentare i rapporti tra il titolare dei diritti e il gestore della piattaforma (Facebook, LinkedIn, YouTube, etc.) significa, anche qui, filtrare i contenuti e ostacolare la libera circolazione delle informazioni. Si tratta dell’altra questione alla base della protesta di Wikipedia, per altro appoggiata, con una lettera aperta al presidente dell’Europarlamento Tajani, da oltre sessanta ricercatori e studiosi, intellettuali e professori che vorrebbero affossare tale norma.

Protesta più che legittima, se pensiamo alle conseguenze di sostanziale censura che comporterebbe un upload filter informatico che impedirebbe agli utenti di caricare su piattaforme online materiale oggetto di proprietà intellettuale: i software, anche i più elaborati, possono individuare i duplicati e i plagi, ma non possono distinguere le parodie, le perifrasi, le satire, le critiche e tutte quelle rielaborazioni creative e lecite di testi altrui del tutto legittime. Si rischia anche di censurare le “utilizzazioni libere” a scopo di commento e critica che sono consentite dalla legge sul diritto d’autore nostra e di più Stati membri dell’Unione Europea.

Del resto, fin dalla Direttiva 2001/29/CE sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione è chiaro lo scopo della normativa comunitaria di promuovere l’apprendimento e la cultura proteggendo sì le opere ma autorizzando, al tempo stesso, alcune eccezioni nell’interesse del pubblico a fini educativi e di insegnamento. Che senso avrebbe altrimenti l’attuale “società dell’informazione”cioè basata sulla condivisione del sapere?

Vedremo quindi a settembre con quale spirito nuovo, stando al proclama del presidente Tajani di proteggere l’interesse di tutti i cittadini (che è quello di informare e di esser informati), verranno ripresi i lavori sulla proposta di direttiva sul diritto d’autore.

Avv. Giovanni Bonomo – Ultime-Notizie.net

La direttiva sul diritto d’autore rinviata a settembre,
articolo di Giovanni Bonomo

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